Pensieri rapiti su Facebook: la privacy che ti separa dalle tue parole

Anche oggi sono incazzata con Marco Montagnadizucchero (AKA Mark Elliot Zuckerberg)
Una cosa che amo di Twitter è che il vero segnale di apprezzamento di un contenuto non è dato dal cuoricino (il like) ma dalla condivisione (retweet). Tu scrivi una cosa che mi piace, io la condivido e la mostro a tutti i miei amici. Tra questi qualcuno lo apprezzerà e lo condividerà. Poi da tutte queste condivisioni nascono tante discussioni interessanti.
Tutto questo su Twitter lo puoi seguire, puoi seguire dove volano le tue parole e puoi confrontarti su esse potenzialmente con tutto Twitter (tranne con quei pochi piccoli disagiati che vogliono fare i social fighi dicendo di usare twitter ma lo usano lucchettato e tanto vale che se ne stiano su FB ma il mondo è bello anche perchè avariato da gente che non coglie lo spirito delle cose...come chi ti manda le mail e poi ti chiama per dirti che ti ha mandato una mail).
Su Facebook c'è il pulsante "condividi" quando chi scrive utilizza la privacy pubblica ma mi capita spesso di leggere commenti tipo "posso condividere?". Ma porco cazzo, certo che puoi! La condivisione è il massimo che si possa desiderare per le proprie parole: che passino di profilo in profilo, che possano emozionare, divertire, far riflettere o arrabbiare più persone possibile e magari farti confrontare con punti di vista sempre diversi. La condivisione, che sia perchè ciò che hai detto è piaciuto o che sia perchè non è piaciuto, significa che il tuo pensiero ha toccato emotivamente qualcuno, nel bene e nel male.
Ma su FB la privacy funziona male. 
Se una persona che non è tra i miei amici sceglie di condividere un mio contenuto pubblico con i suoi amici io non lo posso seguire. I miei pensieri vengono rapiti e io non so dove vanno. Non so se hanno fatto emozionare, ridere, riflettere o arrabbiare, se sono nate discussioni interessanti alle quali non posso partecipare. Sono grandi muri messi tra noi e le parole

Questo non mi piace, i contenuti non dovrebbero mai poter essere separati dalla mente che li ha partoriti, non dovrebbero essere strappati alle madri e dati in pasto al mondo senza che possano essere supervisionati e in qualche modo difesi e protetti. Sono pensieri rapiti e strappati.
La privacy non dovrebbe mai bloccare l'accesso a chi i contenuti li ha messi sui social, che ciò avvenga su un profilo personale o una pagina. Soprattutto visto che su Facebook la maggior parte delle persone non usa la privacy pubblica temendo che il vicino di casa venga a scoprire che il suo cane ha pisciato sull'aiuola condominiale o il proprio dietologo veda le foto dell'abbuffata alla sagra della salsiccia fritta.
Firmato: la madre di tanti pensieri rapiti

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